FIAT, SOLO NELLA GIUNGLA VALE LA LEGGE DEL PIÙ FORTE»
Non possiamo accettare questa spada di Damocle sulla testa degli stabilimenti italiani per cui uno fa gli investimenti solo se gli viene permesso di far quel che gli pare. Esistono delle regole da rispettare».
Le parole del segretario confederale della Cgil Vincenzo Scudiere suonano come semplici parole di buon senso. Così dovrebbe essere in una società democratica e sviluppata come quella italiana. Eppure qualcosa deve essere cambiato, se l’intesa raggiunta a New York da Emma Marcegaglia e Sergio Marchionne passa per essere la nuova, necessaria, luminosa strada dell’industria nazionale: la newco a cui farà capo lo stabilimento di Fiat Mirafiori nascerà fuori da Confindustria.
Domani i vertici di Fiom, Fim e Uilm s’incontreranno per discuterne, ma le tute blu della Cgil hanno già annunciato il loro no ad un contratto su misura per le carrozzerie torinesi totalmente sganciato da quello nazionale. E la confederazione di Corso Italia è con loro.
Si tratta dell’ennesima eccezione aziendale o di una scossa sistemica?
«L’intesa tra Marcegaglia e Marchionne rappresenta una novità assoluta in grado di mettere in discussione l’intero sistema delle relazioni industriali in Italia, finora basato sulla rappresentanza collettiva degli interessi, sia dei lavoratori sia delle imprese. Il principale attore di questo cambiamento è proprio Confindustria, che ora si trova in una situazione di fortissima contraddizione:non solo con gli oltre sessanta contratti nazionali di lavoro attualmente in vigore, ma anche con il nuovo modello contrattuale sottoscritto con Cisl e Uil, rifiutato invece dalla Cgil, evidentemente giudicato inadeguato».
A giudicare dalle parole diMarcegaglia e Marchionne, il sì di Cisl e Uil sembra considerato scontato anche stavolta.
«Anche la posizione di Cisl e Uil è ampiamente contradditoria: il tavolo di trattativa su Mirafiori si è interrotto proprio perchè Fim e Uilm hanno chiesto il rispetto del contratto nazionale delle tute blu, ed ora Confindustria e la Fiat pretendono un accordo specifico per il settore dell’auto che cancellerà quel contratto nazionale. Nemmeno le deroghe generalizzate che Fim e Uilm hanno da poco accettato sono bastate al Lingotto».
La minaccia di Marchionne è però esplicita: o si fa a meno del contratto, o si va a produrre altrove. Davvero esiste un’alternativa?
«Questo lo deve dire Marchionne. Noi difenderemo il sistema di rappresentanza che ci ha permesso di governare periodi difficilissimi per l’economia nazionale, anche in questi mesi, quando abbiamo sottoscritto molti accordi senza i quali il paese sarebbe sprofondato ancor più nel baratro della crisi. Ma se qualcuno pretende di fare come meglio crede per investire, allora non c’è governo, non ci sono regole, e non ci sono diritti. Sarebbe la giungla. E nella giungla i più forti dettano legge e i più deboli subiscono: è un’impostazione che non possiamo assolutamente accettare».
Tra le proposte, ci sarebbe quella di un contratto leggero per tutta l’industria a cui accompagnare contratti per i singoli comparti.
«La Cgil non è contraria alla contrattazione di filiera, ma rifiuta l’idea di un contratto leggero per tutta l’industria. Tra l’assicurare la gestione degli stabilimenti e il cancellare il contratto nazionale di lavoro passa una bella differenza».
Per attutire il colpo, si è parlato di un’uscita solo temporanea di Fiat da Confindustria. L’azienda tornerà all’ovile dopo l’approvazione di un contratto per l’auto?
«Comunque si tratta di un’ipotesi in netto contrasto con il sistema contrattuale esistente. Forse l’azienda dovrebbe trovare il coraggio di dire qual è il problema vero: in Italia la fa da padrona perchè gode di un sostanziale monopolio, detta legge in casa propria con i soldi altrui, quelli del governo americano. Ad esempio, se il problema è quello delle agevolazioni fiscali e degli incentivi che Fiat può ottenere all’estero e non qui, perchè non dirlo chiaramente? Ma non può sempre scaricare ogni difficoltà sui lavoratori».
E sul sindacato .Secondo Marchionne, la Fiom blocca lo sviluppo del paese.
«Dispiace sentirglielo dire. Marchionne dovrebbe ricordarsi della disponibilità della Fiom che ha permesso a Mirafiori di arrivare agli importanti obiettivi raggiunti in questi anni. Così come dispiace che le proposte concrete avanzate dalla Fiom al tavolo sullo stabilimento non siano state minimamente prese in considerazione. Forse Marchionne dovrebbe dire una volta per tutte cosa intende fare della Fiat in Italia: non possiamo ogni volta discutere di una singola fabbrica e di un singolo reparto a discapito dei lavoratori».
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